martedì 3 gennaio 2023

4/1-S.Angela da Foligno

https://www.assisiofm.it/news-gioved-santo-con-sant-angela-da-foligno.html

RANIERO CANTALAMESSA, OFMCAP.

Foligno, 15 Marzo 1997

1. “Perché tutti a te?”

Io non sono quello che si chiama uno specialista o uno studioso di Angela da Foligno. Come mai allora proprio io sono stato invitato dal Comitato di coordinamento “La città di Foligno”, in occasione dell’uscita del libro “Angela da Foligno, la grande mistica”, con cui la città di Foligno vuole rilanciare la conoscenza della sua illustre cittadina? Forse è perché sono anch’io uno dei tanti “folgorati” da Angela.
La mia storia con Angela cominciò nel 1978. A quel tempo ero docente all’Università Cattolica di Milano. Partendo, insieme con il Prof. G. Lazzati, per un congresso in Brasile, all’ultimo momento misi nella valigia il libro della Beata. A un certo punto, mi accorsi che ero talmente preso da quella che anche il congresso passava in secondo ordine. Alcune parole si incisero a fuoco. Ricordo per esempio quello che Angela rispose a Frate Arnaldo che la sollecitava a spiegarsi meglio su una certa sua esperienza di Dio. “Se un giorno vedessi tu quello che ho visto io, ti dico io cosa faresti. Salendo sul pulpito a predicare, ti fermeresti, guarderesti la gente e diresti loro: ‘Fratelli, andatevene con la benedizione di Dio, ché di Dio oggi niente posso dirvi! E scenderesti dal pulpito”. Più d’una volta, in seguito, trovandomi io stesso a dover predicare, provai un gran desiderio di ripetere alla gente quelle parole e andarmene.
Molte ho volte, citando nella mia predicazione qualche pensiero di Angela, ho ripetuto alle persone l’incredibile promessa che un giorno ella si sentì rivolgere da Dio: “Io benedirò perfino chi ti sentirà nominare”. E tutti abbiamo costatato la verità di quella promessa.
Nel 1983 fui incaricato di preparare i testi per la via crucis del Papa in mondo-visione dal Colosseo, il Venerdì Santo. Pensai subito a lei e così quell’anno ella poté parlare ancora al mondo della Passione di Cristo e far risuonare di nuovo le celebri parole che si sentì rivolgere lei stessa un giorno della settimana santa: “Non ti ho amato per scherzo”.
Non più tardi di ieri mattina, il nome di Angela e uno dei suoi insegnamenti chiave (“ O nulla sconosciuto, o nulla sconosciuto…!”) sono risuonati durante una delle meditazioni che da anni sono chiamato a tenere alla Casa Pontificia, davanti al Papa e alla curia romana.

Come si spiega tutto questo? E il fatto stesso che dopo sette secoli dalla morte, la città di Foligno (che non ha mai rinnegato, a quanto so, la sua anima “ghibellina”) si occupa di questa sua figlia vissuta nel lontano medioevo? Verrebbe quasi da porre ad Angela la stessa domanda che un giorno frate Masseo pose a bruciapelo a Francesco: “Perché tutti a te? perché a te tutto il mondo corre dietro?” .
Ci sono spiegazioni contingenti: Angela è una donna, una laica, testimone di un primo prepotente venire alla ribalta del mondo femminile, e sappiamo quanto questi temi siano oggi di attualità. Ma la risposta fondamentale è un’altra: la santità!
Pascal dice che esistono tre ordini di grandezza al mondo, o tre categorie di valori: l’ordine dei corpi, e delle cose materiali, l’ordine dell’intelligenza e del genio e l’ordine della santità. Appartengono al primo ordine, la forza, la salute, le ricchezze materiali; appartengono al secondo ordine il genio, la scienza, l’arte; appartengono al terzo livello la bontà, la santità, la grazia.
Tra ognuno di questi ordini e quello superiore c’è un salto di qualità pressoché infinito, dice Pascal. Al genio non aggiunge e non toglie nulla il fatto di essere ricco o povero, bello o brutto; la sua grandezza si colloca su un piano diverso e superiore, e infatti i più grandi geni hanno dovuto spesso lottare con la miseria più nera, o erano addirittura deformi…Allo stesso modo, al santo non aggiunge e non toglie nulla il fatto di essere forte o debole, ricco o povero, un genio o un illetterato: la sua grandezza si colloca su un piano diverso e infinitamente superiore .
Su che cosa si basa questa graduatoria di merito? E’ semplice. I beni materiali – ricchezze, forza e prestanza fisica- sono transitori; inoltre discriminano, non possono essere possedute contemporaneamente da più persone; quello che ognuno ha è sottratto agli altri. Di qui le lotte, le invidie che queste cose generano. I beni dell’intelligenza -scoperte scientifiche, opere d’arte- possono essere goduti da più persone contemporaneamente, non discriminano ma uniscono. Tuttavia, anche di questi beni si può fare cattivo uso. Sappiamo l’uso tremendo che è stato fatto di certe scoperte scientifiche, come la bomba atomica. Anche la grandezza propria del genio e dell’intelligenza è dunque ambigua, anche se superiore a quella delle ricchezze e della forza.
I beni del terzo ordine, la bontà e la santità, non solo fanno sempre del bene a tutti e mai del male; non solo ciò che uno possiede non è sottratto a un altro, ma essi ridondano a beneficio di tutti. Più io me ne arricchisco, più il mondo se ne arricchisce. Ogni atto di carità e di altruismo si traduce in ricchezza per tutto il mondo. Inoltre questi beni sono gli unici che ci seguono oltre la morte. Nella vita eterna non inciderà minimamente se uno di qua è stato bello o brutto, forte o debole, se è stato un genio o un analfabeta; inciderà invece se è stato buono o cattivo, onesto o disonesto.

Questo principio trova un riscontro preciso nella storia e in parte anche nella geografia di questa regione, l’Umbria. Che cosa ha fatto di Assisi Francesco di Bernardone, con la sua santità! Ma anche Foligno è una riprova. C’erano ricchi mercanti nella Foligno della fine del Duecento; c’erano molte giovani donne belle e ricche. Angela stessa era tra queste, ma non è per questo che è ricordata. C’erano intellettuali, spiriti critici indipendenti, hanno certo contribuito a creare un patrimonio culturale, ma non è su essi che si fanno convegni e mostre. Angela mostra che la santità non è una “sovrastruttura”, è la realtà più reale, più duratura, la grandezza di “terzo livello”. Essa ha riflessi anche sugli altri ordini. Francesco ha reso Assisi più ricca e prospera di beni e più bella artisticamente! Così Angela, con il suo nascondimento, ha reso celebre Foligno nel mondo intero.

Facciamo dunque uno sforzo per contemplare Angela nel suo proprio “ordine” di grandezza, cercando di andare al cuore del fenomeno “Angela da Foligno”, senza arrestarci alla periferia. La sua è una grandezza mistica; cerchiamo dunque di dire qualcosa di questa realtà. Tanto più che secondo la dottrina attuale della Chiesa tale esperienza non è qualcosa di esotico, di elitario, riservata a pochi privilegiati. E’ la vocazione di ogni battezzato
Noi dobbiamo convincerci che Dio non ha suscitato anime come quella di Angela solamente per farci venire invidia, quasi facendoci intravedere quella pienezza di essere che, in fondo al cuore, ognuno brama sopra ogni altra cosa, per poi dirci che tutto ciò non è fatto per noi. Dio ama così tutti noi, non una o due persone in ogni epoca. A una o due persone in ogni epoca, da lui scelte e purificate a tale scopo, affida il compito di ricordare tutto ciò agli altri. Ma cosa sono le differenze di grado, di tempo, di modi, tra noi e i santi, in confronto alla realtà principale che abbiamo in comune con essi e cioè che tutti siamo oggetto di un incredibile disegno d’amore di Dio? Quello che ci unisce ad essi è molto più forte di ciò che ci divide da essi.

2. I mistici

I mistici, secondo una celebre definizione, sono coloro che hanno “patito Dio” . Oh, come suona indolore questa definizione letta nei libri, e come è invece terribile nella realtà! Qualcuno che l’ha sperimentato si è lasciato sfuggire dalle labbra questo lamento: “Tutti i tuoi flutti e le tue onde sopra di me sono passati” e “i tuoi spaventi mi hanno annientato…Mi sono compagne solo le tenebre” (Salmi 42 e 88).
Questi uomini e queste donne hanno “arrischiato la vita” per accostarsi a Dio (cf. Ger 30,21); hanno lottato con lui e, come Giacobbe, ne sono usciti “feriti” per sempre (cf Gen 32, 23 s.). Quando si leggono i loro scritti, o si ha la sorte di conoscere qualcuno di essi da vivo, mentre è ancora in pieno svolgimento la terribile “traversata”, come appaiono lontane e perfino ingenue le più sottili argomentazioni degli atei. Nasce, nei loro confronti, un senso di stupore e anche di pena, come davanti a qualcuno che parla di cose che manifestamente non conosce. Come chi credesse di scoprire continui errori di grammatica in un interlocutore, e non si accorgesse che questi sta semplicemente parlando un’altra lingua che lui non conosce.
I mistici sono, per eccellenza, coloro che hanno scoperto che Dio “esiste”; anzi, che egli solo esiste davvero e che è infinitamente più reale di ciò che di solito chiamiamo realtà. Essi sono per il popolo cristiano come gli esploratori che entrarono per primi, di nascosto, nella terra promessa e poi tornarono indietro per riferire ciò che avevano veduto (“una terra dove scorre latte e miele”), esortando tutto il popolo ad attraversare il Giordano (cf Num 14,6-9). Per mezzo di essi giungono a noi, in questa vita, i primi bagliori della vita eterna. Lo scrittore inglese Leonard Huxley, citato da P. Domenico Alfonsi, nel volume che stiamo presentando, diceva giustamente: “I mistici sono i canali per i quali un po’ della conoscenza della realtà filtra entro il nostro universo umano di ignoranza e di illusione. Un mondo totalmente antimistico sarebbe un mondo cieco e insano. E noi ora ci troviamo ben avanti, pericolosamente avanti nell’oscurità”.
Purtroppo una certa moda letteraria è riuscita a neutralizzare spesso anche questa “prova” vivente dell’esistenza di Dio che sono i santi, e in particolare i mistici. Lo ha fatto con un metodo singolarissimo: non riducendo il loro numero, ma aumentandolo, non restringendo il fenomeno, ma dilatandolo a dismisura. Mi riferisco a coloro che in una rassegna dei mistici, in antologie dei loro scritti, o in una storia della mistica, mettono uno accanto all’altro, come appartenenti allo stesso genere di fenomeni, san Giovanni della Croce e Nostradamus, santi ed eccentrici, mistica cristiana e cabala medievale, ermetismo, teosofismo, forme di panteismo e perfino l’alchimia .
Non mi soffermo neppure sulla posizione dei riformatori protestanti che -forse proprio per la confusione ora segnalata- rigettarono l’idea stessa di una mistica cristiana e la considerarono un fenomeno pagano di esaltazione dell’umano. L’esperienza dei mistici è, al contrario, la dimostrazione più forte dell’annientamento dell’umano, dei meriti, delle virtù proprie e delle pretese di salvezza. È l’esperienza che più fa risplendere l’assoluta sovranità dell’azione di Dio e della grazia. I veri mistici sono coloro che si sono “convertiti”, una volta per sempre, alla pura fede.

3. Momenti dell’esperienza di Angela

In questa luce rievochiamo qualche momento della esperienza della nostra amica Angela che, della mistica cristiana, rappresenta, a detta ormai di tutti, uno dei vertici assoluti. “Angela sta alla mistica -ha scritto P. Innocenzo Colosio- come Dante alla poesia”. Scelgo i momenti che sono rimasti più impressi in me dalla sua lettura; dunque non necessariamente i più importanti in sé.
Già avanti nelle vie della santità, Angela fece un giorno un’amara scoperta: Dio non era ancora veramente il suo tutto. Il suo “volere Dio” era ancora “velleitario”, dal momento che il desiderio di lui non abbracciava tutto il suo mondo e non raggiungeva una intensità assoluta. Allora avvenne una cosa singolare. Sentì farsi dentro di sé una nuova unità, come se tutto il suo essere si raccogliesse in un punto: il corpo si accordava con l’anima, l’intelligenza con la volontà, ed ella si accorse di avere ormai un solo volere. In quel momento fu chiesto all’anima: “Che vuoi?” e l’anima rispose gridando con tutta la sua forza: “Voglio Dio!”. Dio le rispose: ”Io porterò a compimento questo tuo desiderio”. E sappiamo fino a che punto ha mantenuto questa promessa.
Uno dei tratti caratteristici del Dio vivente della Bibbia riguarda i suoi “giudizi”. La Bibbia parla spessissimo dei giudizi di Dio che proclama giusti, santi, imperscrutabili, terribili e, nello stesso tempo, “più dolci del miele e di un favo stillante” (Sal 19, 10 s.). “O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie!” (Rm 11,22). “Per i suoi giudizi – si dice in un salmo – esultano le città di Giuda”(Sal 97,8), e ancora: ” Il suo giudizio è come il grande abisso” (Sal 36,7). Nell’idea di Dio elaborata dai filosofi, questo fatto non trova alcun riscontro; non si sospetta nemmeno che esistano tali giudizi, che tutta la terra -come dice un salmo- sia piena dei suoi giudizi (cf Sal 105,7). I giudizi di Dio non sono come in noi semplici valutazioni delle cose, sono pensieri efficaci ,“decisivi”, nel senso che decidono del mondo e degli eventi.
Sembra che al tempo di Angela le litanie dei santi, accanto alle altre invocazioni, contenessero anche quella che diceva: “Per i tuoi santi giudizi, liberaci o Signore”. Scrive infatti: “Non c’è niente in cui tanto completamente io conosca Dio quanto nei suoi continui giudizi. Per questo, quando, di sera o di mattino, nella preghiera dico a Dio: “Signore, per il tuo avvento liberami, per la tua nascita, per la tua passione, liberami”, in niente mi diletto tanto quanto nel dire con confidenza: “Per i tuoi santi giudizi, liberami”, perché non riconosco più la sua bontà in un uomo buono e santo e in molti uomini buoni e santi, che in un dannato e in una moltitudine di dannati…Anche se venissero meno tutte le cose proprie della fede, solamente qui, cioè nei suoi giudizi e nella giustizia che si esprime in essi, avrei la certezza riguardo a Dio. Oh, quanta profondità c’è in questo!”.
Il confessore che raccoglieva e metteva per iscritto tali confidenze, a questo punto annota: “Qui comprendevo che ella diceva le cose più mirabili del mondo”. Ma cosa aveva detto, la santa, di preciso? Nulla; quella semplice evocazione dei giudizi di Dio era bastata a veicolare il sentimento del Dio vivente e santo e a trasmetterlo all’ascoltatore. Questi era stato colto dal senso del “numinoso” e del soprannaturale, come capita spesso, anche oggi, a chi legge le parole di questa mistica. Angela fa venire spesso i brividi al lettore; brividi dolci, di infinito. Un’esperienza analoga a quella cantata da Leopardi nell’Infinito: “..e il naufragar m’è dolce in questo mare”.

Dopo aver visto per anni Dio “in mezzo a grandi tenebre”, alla fine Angela fu trasportata dalla grazia alla visione di Dio “sopra le tenebre”. Qui possiamo solo ascoltare con riverenza le sue stesse parole. “Mi trovai impercettibilmente tutta in Dio, più del solito, e mi sembrò d’essere più del consueto in mezzo alla Trinità…Vidi che nessun angelo e nessuna creatura è così intelligente e capace da poter intendere quelle divine operazioni e quel profondissimo abisso…A quel punto l’anima fu liberata da ogni tenebra e conobbe maggiormente Dio…Io vedo Colui che è l’essere e capisco che è l’essere di tutte le cose create”. Qui la mistica si incontra con la filosofia. Anche la filosofia infatti ha per oggetto la conoscenza dell’essere. Solo che nell’esperienza mistica, l’essere che i filosofi, e in particolare gli ontologi, intravvedono oscuramente e come a tentoni, nella mistica viene contemplato, per così dire, “ a faccia a faccia”.
Finalmente un giorno, Angela sperimenta ciò che avviene oltre la fede, nella visione, quando tutti i veli che si frappongono tra Dio e la creatura vengono rimossi. “Allora -scrive- l’anima mia si presentò a Dio con grandissima sicurezza, senza alcun timore, con piacere maggiore di quello provato in passato, con differente ed eccellentissima gioia e gustando un miracolo nuovo, mai sperimentato in modo così diverso e splendente come in quell’incontro. Incontrai Dio e insieme compresi e ottenni l’inenarrabile manifestazione di Dio all’anima e la presentazione della mia anima a lui e mi furono rivolte parole profondissime che non voglio siano riportate”. Si pensa spontaneamente a Paolo che, tornando dal suo rapimento al terzo cielo, dice di aver udito “parole che non è lecito ad alcuno pronunziare” (2 Cor 12, 4).
Avvicinandosi il giorno della sua morte, Angela fu udita esclamare, da coloro che le erano intorno, queste parole che dicono, del Dio vivente, più che tanti discorsi: “Oh, ogni creatura viene meno! Oh, tutta l’intelligenza degli angeli non basta!”. E, alla domanda dei presenti: “In che cosa viene meno ogni creatura e a che cosa l’intelligenza degli angeli non basta?”, rispose: “A comprendere!” .
Si scrivono oggi libri interminabili, pieni ci citazioni di filosofi, per rispondere alla domanda: “Esiste Dio?” e spesso si giunge alla fine senza che il punto interrogativo si sia ancora cambiato in esclamativo. Poi, un giorno, si apre a caso un piccolo libro come questo, scritto da una donna, non certo dotta, del medioevo, già madre di famiglia, poi vedova e terziaria francescana laica, e si scopre di colpo non solo che Dio esiste, ma che è davvero “fuoco divorante”, “dolcezza senza fine”.

https://www.assisiofm.it/news-il-sabato-santo-nel-sepolcro-con-cristo.html

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